La poesia di Biagio Cepollaro

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                     Meditationes, 1996

                          

Meditationes n°1

 

nella terza rivoluzione industriale si fa ciò che non si pensa e anche

si è pensati da ciò che non si è fatto. non l’antico sulfureo inferno né

 

il fiorito giardino di delizie assoggettando ti fa soggetto ma lo stallo

nel vuoto assoluto d’esperienza. l’evidenza ora si fa sospetta allusione

 

contronatura

 

 

Meditationes n.°2

 

è che noi non siamo neanche noi e dispersi di noi fu fatta foresta

e ognuno di noi col sé di plastica arreda l’urbana transizione ficca al suo

 

posto

 

ciò che un altro

 

nuovamente sposta e stiamo al telefono al video stiamo al cesso anche

ma senza un nesso non dico di classe ma almeno di chi vede la differenza

 

tra la parte

 

che è propria

 

e il resto

 

 

Meditationes n°3

 

dentro la terza rivoluzione industriale si confondono per la terza

volta le cose e i sottostanti sommovimenti non sembrano più feroci

 

né tali

ci si mette anche a ragionare

 

sulle idee. tranne scriba che intravedendo vede enormi prodigiose

masse d’acqua le dighe le sotterranee esplosioni le sparizioni e la deriva

 

dei nuovi avvallamenti di sabbia e capitali

 

 

Meditationes n°4

 

l’antagonismo in europa è risotto che non cuoce. e intanto

ci pensano a dove si raccoglie la rabbia sotto il tessuto

e c’è chi vede già

il gonfiore

dalla parte che regge l’imbroglio: cambiano i soggetti e

ci vuole tempo chè dal fatto alla visione dal malumore

alla rivolta

ci passa sangue e ore tante di ininterrotta televisione

 

 

 Meditationes n°5

 

è che noi siamo divisi a livelli molecolari. gli altri

non è che siano più integri: è che il fiato lungo che ognuno

 

raccoglie è un affare neutro oggi invisibile è uno scambio

ridotto a pura forma generale. è così che l’esperanto si fa

 

planetario

 

Meditationes n°6

 

l’imbroglio tocca il fondo quando non s’alza mano

per il pane: non è più tempo lineare ma è un’altra

 

la scintilla

 

da scoccare: forse il tempo la cura. il pane tiene sotto

i sotto è deterrente alla speranza: ci vuole intera la

 

visione

dell’altrui abbondanza

 

quindi si giunge al compromesso: l’avanzata di briciole

o la mattanza

 

 

Meditationes n°7

 

dentro la terza rivoluzione industriale spariscono gli stati e non perché

i diversi centrano più larghi luoghi e variopinti di plurilingue intesa

 

ma perché i nuovi finanziari poteri telematicamente abbracciati sfuggono

al bisogno antico di consenso e questo è ora solo residuo e pernicioso

 

 

Meditationes n°8

 

loro ci provano  e ci riescono. prima la buttano lì

come boutade ma poi lo dicono tondo e rincarano

 

la dose

 

e ci fanno le cose stesse. ci fanno i decreti anche

gli abeti finchè si converte la boscaglia in generale

 

legge forestale

 

un tempo si diceva a destra è la vocazione

eterna del capitale. oggi mutatis mutandis tale è

 

ed è quale

 

 

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Ballata dei mondi

 

 

per mondi storici stratificati

 

per mondi storici stratificati per costrutti di senso aggrovigliati

dove il segno della violenza subìta solo a tratti si spiega

 

nella franchezza dello sterminio. per lo più un potere intermedio

confonde le cose semina qui e là come per un accidente e financo

 

proclama sé come salvifico progredire mentre intanto raduna

l’intera iconosfera sotto l’unico comando di una seconda natura

 

ch’è mannaia

 

 

per mondi in frantumi

 

per mondi in frantumi su cui la scrittura non poggia non perché

leggera ma perché il chi-dice benché intero e per nulla affetto

 

da mistero

poco si orienta nel suo allegorico rito e rigetta ormai consunto

il gioco di parole il tanto e il troppo che in tanti fin qui si è

 

scritto

 

per mondi che ora vanno presi di petto non con obliqui e vaghi

attraversamenti ma con diretti affondi da qualche parte di là

 

sbucati

 

 

 

per mondi medialmente capovolti

 

per mondi medialmente capovolti e unici in cui la scrittura

deve nuovamente attrezzarsi mentre l’esperienza d’un passo

 

infinito

 

si allontana dai detti e il poetico duplica il suo naufragio

per nulla poetico. per questi mondi ancora a noi è richiesto

 

un salto

 

non stranezze di lingua ora né acrobatiche combinazioni ma

un dire di cose facendo a meno del cuore e perciò volutamente

 

mostruose

 

 

mondi di viluppo

 

mondi di viluppo articolanti faticosi e sincopati diri che son frasi

piuttosto di servizio nelle stazioni più che amabili conversari

 

tali i cenanti affidati a residuare dall’io e dal tu la più afasica

generazione del noi…al che brutalmente dissi ‘mi sei senza faccia

 

atemporale fatta risucchiata dai neuroni dai gran daffari connessi

dai truffari negli uffici mescolati a coca e ad altri ardori aziendali’

 

 

mondi di sviluppo crudi

 

mondi di sviluppo crudi al giusto fondati ab initio

sul discrimine di natura tra il terzo nella battaglia

riuscito

 

e i due falliti tralignanti terrosi un po’ affioranti

per solo spalanco di bocca teso all’imboccata

 

tornato oggi inevitabile sprofondo e fetido resto

di congegno evacuatore i terzi evacuati per altrui

     trionfo

 

     e per ciò andati

in mona

 

 

mondi di sviluppo dopo

 

mondo di sviluppo quello venuto dopo i mondi antichi

e grigi dopo soffocanti meccanici prodigi di oggetti

 

ferrosi presto accompagnati da plastiche resistenze e

accomunati nel grigio  di beni e conforti  amorevoli

 

mondi nuovi nel giallo e poco appariscenti

detti leggeri e sfatti in purissima antimateria

 

mondi di carta farneticazioni digitanti in laghi

artificiali ma capaci di annegare in nichilo i fatti

 

veri con le ultime e disperse le residue opposizioni

 

 

per mondi mediali

 

per mondi mediali allorché mediati da innumeri

digitali profitti divaricano in più zolle slittanti i

continenti

 

ed umani visibilmente divisi tra belluini e sollevanti

cellulari i più scuri di pelle son come d’estate

alogenati

 

nuotano per laghi o subacquei nello scuro sommersi

dei telematici frodari mentre si sfanno in acque d’opachi

riciclari

 

 

per mondi mediali non più

 

per mondi mediali non più territoriali ché dicono passato

ormai lo stato forma peritura usa un tempo a convogliare

capitali e infrastrutture

 

per pure antenne domiciliari per ali per fenomenali intrecci

di cavi per vie nervose per cerebrali allacci e terminali

 

con giri di boa ai pali speculando non sui pianeti ancora

intonsi da umani ugelli ma sui pareri intercontinentali

 

di andamenti futuri calcolati a mesi da ignari di messi di mansi

di obsoleti conteggi facendo di case provvisori e annacquati

campeggi

 

 

per mondi in cui si lascia fare

 

per mondi in cui si lascia fare ché divisi da lingue e più

opprimenti miserie ancora non s’alza di rivolo in rivolo

un’onda

 

più lunga né si fracassa se non auto in sosta o si graffia

se non muri di cinta cancelli dietro cui impazza familiare

la noia

 

per mondi che non sono propriamente ancora mondi ma brevi

luoghi inconsapevoli a rivolta non sufficienti né organizzati

per trattare

 

 

per mondi virali 

 

per mondi virali attaccati nei punti deboli dei sistemi

immunitari per opportune mutazioni per batteriologiche

e più moderne

 

epidemie si cancella d’un botto l’appena nato costume

aperto di relazioni tra i sessi d’un colpo si fanno fuori

decenni

 

di lavoro sull’inconscio col veto più efficace di qualsiasi

cattolico voto impazza in occidente il maligno per l’oscuro

 

sangue che traligna

 

 

per mondi percentuali

 

per mondi percentuali in cui il cinquanta per cento del reddito

nazionale va

     alle famiglie che

     hanno più di quattro

 

milioni al mese mangiando l’altra metà del reddito i restanti tre

quarti di tutta

     la popolazione e ciò

     quando solo il dieci

 

per cento da solo si pappa il trentacinque per cento di tutto

il reddito

nazionale

 

 

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